«Oggi il vero problema è riuscire a investire sui professionisti come risposta ai bisogni dei cittadini e la vera riforma non sta nel passaggio alla dipendenza previsto da questa bozza occulta senza padri né madri, ma nel mettere a lavorare sul territorio tutti i professionisti che servono». Filippo Anelli, da poco rieletto a capo della Fnomceo, medico di famiglia a Bari, si schiera contro la possibile riforma della Medicina generale che, stando a una bozza circolata in questi giorni, prevede il passaggio dei medici di famiglia al rapporto di dipendenza diretto con il Ssn. Perché ritiene controproducente tale proposta? «È una proposta che toglie libertà e autonomia ai medici. Noi siamo liberi professionisti autonomi convenzionati per garantire una serie di servizi. È controproducente perché mira a portare all’interno delle Case di comunità i medici di famiglia effettuando un ulteriore taglio di almeno 17mila professionisti a fronte di una carenza, già oggi, di 37mila medici. Favorisce ancora una volta una sanità fatta dal privato che andrebbe a occupare il vuoto di assistenza che si verrebbe a creare». Con il passaggio al Ssn il carico di lavoro per i medici di famiglia diminuirebbe? «I sindacati a favore della proposta fanno questo ragionamento di bassa politica fatta solo per soddisfare le esigenze e non risolvere il vero problema che sta nel rapporto di fiducia che lega il medico al cittadino. Affinché si possa sviluppare, questo rapporto ha bisogno di tempo da dedicare ai cittadini. Oggi manca questo tempo perché i carichi di lavoro sono grandi. Ma invece di fare una battaglia per aumentare il numero di medici e diminuire il carico di lavoro la linea non può essere “me ne frego e vado a fare il dipendente così faccio le mie ore e quando chiudo e me ne vado a casa. E se la gente ha bisogno paga”». A suo avviso in che direzione bisognerebbe andare? «Serve un’organizzazione diversa basata sulle Aft, le Aggregazioni funzionali territoriali previste per contratto, ma che le Regioni fanno fatica ad attivare. I medici oltre a fare le ore in ambulatorio dovrebbero prestare delle ore di servizio presso le Case di comunità che, guarda caso, non ci sono. La risposta per migliorare il sistema è stata già pensata, ma non è stata attuata e non è la dipendenza dal Ssn».
Fonte Quotidiano Nazionale